17 fratelli. Sì, avete sentito bene, 17 tra maschi e femmine. Difficile trovare una famiglia più ‘variegata’ di così: erano uniti e questo bastava. Nei campi, a tavola, nel pagliaio dove dormivano.
Il maestro era severo e mia nonna non sopportava di essere chiamata in cattedra, non le piaceva quel contatto ravvicinato con quell’uomo che un giorno le sporcò il grembiule nero con qualcosa di bianco… prese uno scapaccione da sua mamma appena tornò a casa. Non le piaceva il modo in cui lui era interessato alle sue lunghe gambe, non le piaceva l’odore del suo alito pregno di alcol. Ma così doveva essere: si diceva, se per il grembiule sporco di bianco (beata innocenza) mia mamma ha reagito così, cosa potrebbe fare se le dicessi che il maestro fa cose che mi sembrano strane e non mi piacciono e che vorrei scappare dal suo sguardo e dalle sue mani?
Ciammelle sorane
Ingredienti:
Farina integrale grano duro cappelli, 1 kg
Acqua, 575 ml circa
Zucchero integrale di canna, 1/2 cucchiaino
Lievito di birra secco, 2 g
Olio extravergine d’oliva, 1 cucchiaio + un po’ per ungere la ciotola di lievitazione
Sale fino, 2 cucchiai
Semi di anice, 2 cucchiai colmi
Quale fiocco di sale grosso
Procedimento:
Preleva un poco di acqua dal totale e sciogli il lievito assieme allo zucchero di canna.
Disponi la farina sul piano di lavoro e aggiungi prima l’acqua con il lievito, poi anche il resto man mano. Unisci anche i semi di anice e il cucchiaio di olio evo e impasta per almeno 15 minuti praticando pieghe e stiracchiamenti. Infine aggiungi anche il sale fino e impasta ancora per 5 minuti. Ungi con un poco d’olio evo una capace ciotola e metti l’impasto a riposare coperto da un panno in lino per almeno 24 ore, a temperatura ambiente (circa 20°).
Trascorso il tempo di lievitazione, rovescia l’impasto sul piano di lavoro. Lavoralo per ancora 5 minuti, poi dividilo in 5 parti di uguale peso. Stendi ogni parte fino ad avere un cordone di circa 80 cm; piegalo su se stesso formando quindi 2 estremità di 4o cm l’una. Inizia ad attorcigliare chiudendo poi il torciglione, come a formare una ghirlanda per intenderci. Disponi ogni ciambella su un piano di lavoro leggermente infarinato.
Nel frattempo fai bollire dell’acqua in una grossa pentola: una alla volta, tuffa le ciambelle e lasciale bollire per circa un minuto. Con una schiumarola, togli dall’acqua e disponile ad asciugare su un telo in cotone. Aggiungi qualche fiocco di sale.
Disponi le ciambelle su una teglia e inforna a 200° per circa 40 minuti.
Fai freddare su una gratella, quindi servi.
Laura dice
Ehi, che post! 🙂 Mi piace quando esci allo scoperto con i tuoi racconti; le tue ciambelle mi ricordano quelle piccole che spilucchiamo negli aperitivi in quel di Tivoli e tra le tue foto mi oriento come fossi a casa mia, sono proprio i colori del tuo paesaggio!:-) Un abbraccio!
saltandoinpadella dice
Che foto stupende!!! da book fotografico, piene di sentimento, profondità. trasmettono un calore unico. Mia nonna aveva 10 fratelli ed aveva vissuto entrambe le guerre. Le storie che raccontava erano più o meno come quelle di qua nonna. Povertà, tanto lavoro, una vita dura che ti tempra. Con noi nipoti non era affettuosa nel senso tradizionale del termine, ma riusciva comunque a farti percepire che era felice che tu fossi li con lei. Io adoravo stare a casa sua anche se ovviamente non era una da coccole, regalini e cose simili. Vedi le cioncidenze? anche mia nonna adorava l’anice alla follia.
Le mani di tua nonna che spezza il pane mi hanno fatto venire i brividi.
Melania dice
“Dava il suo amore col contagocce cosicché non potesse memorizzare calore e affetto”
Le rivedo negli occhi di mia nonna queste parole, perché lei di figli ne ha avuti undici. Erano uniti e si amavano più di ogni altra cosa.
Non c’era posto per l’affetto. C’era spazio solo per lavorare e poter mangiare.
Non c’era spazio per l’istruzione, anche se solo una di loro arrivo’ con fatica e sacrificio fino al diploma.
La tua storia la sento mia. La porto con me ogni giorno ed è qualcosa che non andrà mai via.
Ha un suo posto. Così come per te. E oggi c’è in queste ciambelline. C’è nella manualità di un gesto semplice che sa di buono.