Fantasie e compromessi
-Ma tu sei fantasiosa?
Mi ha chiesto nonna Tina qualche sera fa, riferendosi alle voglie spesso strane che hanno le donne durante la gravidanza.
-Io per esempio qualche fantasia ce l’avevo, soprattutto del primo figlio, ma forse era ‘solo’ la fame, dice con un filo di voce.
E allora io, che sia di questa che delle precedenti due gravidanze non ho avuto né strane voglie né fantasie, ho pensato a come possa essere svegliarsi in una fredda notte di gennaio col desiderio ardente di una fetta di anguria, di spaghetti col burro, di pollo arrosto e patatine. Deve essere terribile, soprattutto per i poveri mariti che sempre in una fredda notte di gennaio devono mettersi alla guida e fare tutto il giro del raccordo anulare per raggiungere l’unica rosticceria aperta h24, o i mercati generali per cercare di accaparrarsi tra cassette di ortaggi e aliti pesanti qualche frutto esotico categoricamente fuori stagione. In sostanza un incubo.
L’altro giorno invece, di fronte al bancone della pizzeria che sta di fianco all’ufficio, mentre la collega ordinava la sua colazione rigorosamente salata, la proprietaria mi fa:
-Signora, e per lei niente?
-No grazie – rispondo in fretta, ma poi cogliendo lo sguardo penetrante della signora aggiungo, come se dovessi giustificarmi: -Domani la ginecologa mi farà salire sulla bilancia.
Interviene pure la mia collega:
-Dai Ale, almeno una pizzetta rossa!
Un’altra cliente della pizzeria si aggiunge al coro:
-Signò, dia retta a me, mangi sta pizzetta rossa, che poi se ne pente. Mio figlio, per colpa mia, è nato con una voglia rossa rossa tutta qua (indicandosi l’addome con movimenti circolari di entrambe le mani). Stavo in pizzeria, avevo pensato alla pizza rossa ma alla fine non l’ho mangiata ed ecco il risultato: un figlio bello come il sole ma con una voglia rossa rossa tutta qua (sempre indicandosi l’addome).
La scena si è ovviamente conclusa con una me poco convinta che esce dalla pizzeria stringendo, appunto, una pizzetta rossa.
E allora io, che sia di questa che delle precedenti due gravidanze non ho avuto né strane voglie né fantasie, ho pensato a come possa essere sentirsi in colpa nei confronti di una ‘diversa’ colorazione del tessuto cutaneo del proprio figlio. Mi sono addirittura letta la definizione folcloristica di ‘voglia’ appena tornata in ufficio.
Il nome voglia, così come quello spagnolo antojos e quello arabo wiham, derivano tutti dalla credenza che esse siano causate da voglie insoddisfatte della madre durante la gravidanza. Per esempio, se una donna incinta non soddisfa un’improvvisa voglia o un bisogno di fragola, si dice che sul bambino potrebbe apparire una voglia di fragola. In alcuni paesi si dice che per scongiurare il pericolo di un eventuale deturpamento del figlio, nel momento stesso in cui la madre prova la voglia deve toccarsi una parte del corpo non in vista (in genere l’interno-coscia o la natica) e in questo modo la macchia nascerà là. (Wikipedia)
Quindi, quando l’altro giorno ho evocato il ricordo di una favolosa pastiera napoletana, io, che sia di questa che delle precedenti due gravidanze non ho avuto né strane voglie né fantasie né testimonianze dirette, ripensando alla signora e a suo figlio con una voglia di pizza rossa rossa sull’addome, mi sono chiesta: ma una voglia di pastiera, come si manifesterebbe se non fosse soddisfatta?
E io, che presto sempre un occhio di riguardo a quelli che sono gli usi, i costumi e il folclore della mia città, ho deciso che non volevo sapere come potesse essere una voglia di pastiera e che non volevo manco essere sgridata dalla ginecologa. E quindi ho deciso di preparare questo dolce che ha il sapore della pastiera ma che non ha grassi. Insomma qualcosa che salvasse sta creatura che ho nella pancia da ‘strane’ macchie e me da quell’orribile bilancia sempre presente nella stanza della ginecologa.
Torta di ricotta e grano saraceno (senza olio e senza burro)
Ingredienti per uno stampo da 20 cm
260 ml di latte fresco parzialmente scremato
275 g di grano cotto
1 arancia bio
250 g di ricotta di pecora
175 g di zucchero
300 g di farina
3 uova
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale fino
Cannella
Zucchero a velo
Procedimento
Metti il grano in un pentolino dal fondo spesso assieme al latte e alla scorza di mezz’arancia: fai cuocere a fiamma bassissima per circa 20 minuti, mescolando spesso (al termine della cottura il grano dovrà avere una consistenza piuttosto asciutta pur rimanendo ‘croccante’). Metti da parte e fai raffreddare.
Lavora la ricotta con le uova e lo zucchero, unisci il resto della scorza d’arancia grattugiata e la cannella. Unisci a poco a poco la farina setacciata assieme al lievito e al pizzico di sale. Mescola per far amalgamare bene il tutto quindi unisci il grano cotto (elimina però la scorza dell’arancia).
Versa il composto nello stampo rivestito di carta forno e cuoci nella parte centrale del forno a 175° per circa 50 minuti, assicurandoti che sia cotto con la prova dello stecchino.
Fai freddare e poi spolvera con un poco di zucchero a velo. Conservalo in frigo, sarà ancora più buono.
Laura dice
Segnata anche questa ricetta, al momento la zucca con uvetta è già una ricetta di casa e ieri è entrata pure nei ravioli…e anche la feta ovviamente!;-)
Secondo me le voglie di qualunque genere vanno sempre assecondate!:-)
francesca dice
Grano cotto, ricotta, cannella….io questa torta me la assaporo già leggendo gli ingredienti! La voglio subito già pronta per la colazione!
ps; evvvia la zucca con la feta!
Chiara dice
Ho provato a fare questa ricetta ma ho dovuto buttare via tutto, non si è cotta bene poi ho fatto fatica ad inglobare tutta la farina, mi sembrava troppa per i liquidi previsti.
mieleselvaggio dice
Ciao Chiara! Mi dispiace per l’inconveniente… ma sei sicura di aver rispettato la lista degli ingredienti e la sequenza nei passaggi? Questa torta è stata replicata svariate volte da diverse persone ed è sempre andato tutto bene. Resto a disposizione per qualsiasi dubbio tu abbia! Un abbraccio, Ale