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Capitolo VII
L’inaugurazione era cominciata già da un’oretta ma Irene soltanto adesso aveva sconfitto l’enorme emozione che la rendeva leggera e inquieta al tempo stesso. Tutto questo era nuovo per lei, un noir ancora da conoscere.
Le girava la testa, sentiva le voci arrivare lievi dalla sala che si mescolavano ai rumori della cucina, qualcuno aveva acceso il vecchio jukebox, Édith Piaf cantava leggera in sottofondo.
‘Irene, ma vuoi venire di là?’, le domandò Anna. ‘Ti attendono tutti. Ci sono persone che vogliono conoscerti. A proposito, è quasi finito tutto. Quelle polpette di pane erano strepitose’.
‘Arrivo, arrivo. Sto aspettando che siano pronte le patate. E sono emozionatissima, mi gira la testa!’.
‘Andrà tutto bene, stai tranquilla. Ho osservato la maggior parte delle persone che hanno messo piede qui dentro. Sono rimasti abbagliati, giuro. Li sentivo discutere dell’arredamento, dello stile, delle luci, dei profumi. E non puoi immaginare quanti complimenti hai ricevuto rispetto al buffet. Non vedono l’ora di conoscere la padrona di casa. Forza, vado di là a dire che stai arrivando’, Anna le fece un sorriso di incoraggiamento e tornò in sala.
Irene sistemò la salsina nei vasetti di vetro. Si guardò allo specchio, prese fiato.Uscì dalla cucina con un vassoio di patate arrostite. Fu accolta da un applauso, lungo e sincero. C’era la sua famiglia, c’erano i suoi amici, e suoi vecchi colleghi, e tante persone sconosciute che però l’avevano accolta altrettanto calorosamente.
C’era quello che l’avrebbe attesa d’ora in avanti.
Si presentò esattamente per quella che era: semplice nel suo grembiule di lino, i capelli legati in una lunga treccia, le lentiggini e lo sguardo luminoso. Pian piano andò a conoscere i suoi ospiti, ricevette complimenti sulla cucina e sul locale. Offrì loro le patate arrostite, che furono gradite da tutti. Ancora una volta ebbe la conferma che il cibo semplice è quello che maggiormente viene apprezzato. Ed era proprio su questo principio che si fondava la sua cucina: sapori antichi, ingredienti di stagione e buon vino. Vide Marcello poggiato sul vecchio comò appartenuto a suo nonno che la osservava sorseggiando un calice di rosso. La salutò con un ampio sorriso.
‘Ciao, trovo tutto delizioso… qui dentro si respira autenticità, naturalezza. Complimenti davvero’, le disse Marcello.
‘Grazie, ne sono contenta. Sono proprio felice che le mie intenzioni siano così palesi’ rispose Irene tutto d’un fiato, non potendo fare a meno di arrossire. ‘Vado a preparare degli altri drink’.
‘Posso aiutarti?’, disse Marcello, quasi come se non se ne fosse reso conto, come se lo avesse pensato senza volerlo in realtà pronunciare ad alta voce.
‘ Certo, seguimi in cucina’, rispose Irene, altrettanto in automatico, colta di sorpresa e frastornata, adesso, anche per questo.
Si erano incontrati qualche giorno prima dell’inaugurazione, Irene aveva mostrato a Marcello il locale ormai pronto. Marcello rimase colpito dai dettagli e dal buon gusto, e fu felice che alcuni oggetti appartenenti alla sua famiglia avessero trovato una sistemazione così perfetta. Avevano scherzato davanti ad una birra ghiacciata subito dopo, seduti sugli scalini della fontana al centro del paese. Si erano studiati, guardati, c’erano stati piacevoli silenzi e risate spontanee.
‘Irene, volevo ringraziarti per avermi tolto il pensiero di questo locale. No, non interrompermi ti prego, ascoltami. E’ da quando ho capito che volevo lavorare con gli animali che avverto un enorme senso di colpa nei confronti della mia famiglia. Non ho portato avanti la professione come gli altri, e in più di qualche occasione me l’hanno fatto pesare. E mi piangeva il cuore a lasciare questo locale in balia del tempo e della polvere. E poi se arrivata tu. E in un attimo hai fatto in modo che questo locale tornasse a pulsare, vivo e bellissimo. Non potevo sperare in epilogo migliore, sono sincero.’
‘Marcello, io… io… non so cosa dire. Perché è successo tutto così in fretta. Quel giorno passeggiavo in questa strada e casualmente ho notato questa vetrina. Non ho resistito e mi sono appiccicata al vetro. E da allora sono stata come catapultata su una giostra velocissima, tra architetti, antiquari e restauratori.
Ho realizzato il sogno di una vita, ho abbandonato la mia carriera, ho osato. Ed ora eccomi qui, a tritare ghiaccio con un vecchio arnese di mia nonna, la sala che scoppia, la mia testa che gira’.
Marcello si avvicinò e le tolse il tritaghiaccio dalle mani. ‘Dai qua, ci penso io’.
Irene lo lasciò fare mentre lei affettava le fragole. Lo osservò muoversi sicuro e tranquillo, con le maniche della camicia arrotolate e gli inseparabili Ray-Ban poggiati vicino allo svuota tasche a ridosso della porta. Le piaceva quel ragazzo con gli occhi puliti e le spalle larghe.
‘Ti va di andare in montagna un giorno di questi? I miei hanno una casina deliziosa che gode di un panorama fantastico. Ci facciamo una bella passeggiata nel bosco, magari cogliamo qualche fiore per il tuo bistrot.’
Irene prese due coppette da cocktail e ci versò dentro il Daiquiri. Ne porse uno a Marcello.
‘Alla gita in montagna, allora’, disse sorridendo.
‘Sì’, rispose Marcello, ‘alla montagna, alle occasioni, al Noir, che è stupendo più di quanto potessi immaginare’.
Irene pensò veramente alle occasioni e ai molteplici sentieri che aveva percorso per arrivare dove era adesso, alla sua nuova vita che l’aspettava dietro quella porta.
‘Al Noir’, gli rispose.
Irene spense la luce in cucina, andò nella sala che aveva già sistemato con l’aiuto di sua mamma e di sua sorella. L’inaugurazione era andata benissimo: molte persone che non la conoscevano erano rimaste piacevolmente colpite dalla sua cucina. Era fiduciosa, credeva nelle potenzialità del locale. Ma soprattutto credeva in se stessa.
E credeva nel Noir. Lo aveva promesso a suo nonno.
-Fine-
Patate arrosto e aioli veg
Ingredienti per 4 persone
Per le patate arrosto:
8 patate medie
Sale fino
Pepe nero al mulinello
Olio extravergine di oliva
Per la salsa aioli:
1 patata piccola (lessata e lasciata raffreddare a temperatura ambiente)
3 spicchi d’aglio
75 ml olio extravergine di oliva
60 ml latte di riso
Il succo di ½ limone
1 cucchiaino di sale fino
Monda le patate e tagliale a spicchi. Condiscile con abbondante olio evo, aggiusta di sale e aggiungi una macinata di pepe. Inforna a 220° per circa 40 minuti (girale a metà cottura molto delicatamente).
Nel frattempo, pesta in un mortaio gli spicchi d’aglio (privati dell’anima) assieme al sale fino, fino ad ottenere una pasta. Aggiungi quindi la patata e pestala assieme all’aglio.
Mescola velocemente unendo a filo l’olio evo alternato con il latte di riso. Sempre battendo il tutto velocemente, unisci infine il succo di limone appena spremuto (la salsa deve avere la consistenza della maionese).
Servi le patate calde assieme alla salsa.
Conserva la salsa in un vaso di vetro a chiusura ermetica per un massimo di 3 giorni.
CHIARA dice
Non passo da tantissimo e lo ammetto, anche se ho salvato tutti i capitoli del tuo racconto, non ho ancora avuto tempo di leggerli…però posso assolutamente giurarti che c’è proprio ora una patata che bolle sul fuoco per provare al volo questa aioli veg 🙂
Un abbraccio grandissimo Ale <3
Margherita dice
Io sono quella che va a leggere l’ultima pagina dei libri – lo so é allucinante, ma é cosi- e quando quello che percepisco della fine mi piace, mi concentro sulla lettura ancora di più. Qui era ovviamente impossibile, ma il lieto fine mi ha lasciato un bel sorrido sulle labbra, non sono forse queste le storie più belle??? Ammetto che le patate arrosto sono il mio tallone d’Achille, le tue mi fanno una gola pazzesca, se penso poi che c’é quella salsina ad accompagnarle, giuro che non so come fare ad aspettare l’ora di cena (manca ancora 1 ora!!!). Un bacio grande!