«Hai fatto un buon viaggio, ragazzo?», chiese lei. «Com’è andato il viaggio?», si ripeté. «Avevi abbastanza soldi dietro?».
«Lo sai, no?». Jonathan arrotolò la punta del fazzoletto che aveva tirato fuori dalla tasca, si asciugò il collo e ricominciò a parlare senza guardarla: «Lo sai, no? Mi hanno dato un biglietto. Te l’avevo detto, no?».
«Ti preparo un tè?».
La madre fece un passo verso di lui e aprì le mani esibendo i palmi, come per mostrargli qualcosa, un segno di riconciliazione; come se in quel modo promettesse di non fargli domande difficili. Mai. O almeno: non a quel punto. Prima che lui potesse risponderle, proseguì: «L’autobus era in orario? Avevi da mangiare?».
«Non è lontano, mamma, è a una mezz’oretta da qui. Lo sai, no?».
Lei chiedeva tanto per chiedere, come nelle sue lettere. Non gli faceva mai domande sul suo processo e lui non diceva mai niente al riguardo. Non poteva non sapere perché il figlio fosse stato condannato, e poi assolto, ma nelle lettere gli parlava del trasloco, del tempo, delle massime bibliche. E lui le parlava delle cose che leggeva su «Natuurblad», degli uccelli che avvistava.
«O preferisci una limonata? Ti va, un bel bicchiere di limonata?». Fece per chinarsi davanti al basso frigorifero. Lo sguardo di Jonathan fu attirato dal ripiano del lavello: benché fosse già mattina inoltrata, c’era ancora la roba della colazione. Nemmeno i piatti e le posate della sera prima, a quanto pareva, erano stati lavati.
«Vado alle dune».
«Di già?».
«Devo prendere un po’ d’aria».
«Prima bevi qualcosa».
A un tratto Jonathan avvertì la tensione tornargli nei muscoli e i tendini della nuca che si contraevano. Piegò leggermente il collo all’indietro e sentì il rumore secco di una vertebra che scrocchiava. Con entrambe le mani si alzò i capelli dalla fronte sudata. All’improvviso non voleva altro che stare da solo.
(Nuvole di fango, Inge Schilperoord)
IL TORCOLO
Ho trovato questa ricetta scritta a matita su un foglietto tra le pagine del vecchio libro di cucina di mia nonna. E’ un semplice ciambellone, di quelli buoni da inzuppare al latte, da spalmare di cioccolata, da incartare per merenda. Una vecchia ricetta di famiglia, che apparteneva alla suocera della cugina di mia nonna.
Ingredienti per uno stampo da 26 cm
450 g di farina tipo 2
250 g di zucchero
250 ml di latte
160 g di burro
4 uova
1 pizzico di sale
1 limone bio
1 bustina di lievito per dolci
Procedimento
Montate lo zucchero con il burro fuso per qualche minuto, aggiungendo anche il sale e la scorza del limone grattugiata. Incorporate le uova ad una ad una, sempre continuando a mescolare con le fruste.
Aggiungete la farina alternandola con il latte ed infine unite il lievito.
Versate il composto in una teglia imburrata e infarinata e infornate a 160° per circa 45 minuti (prova dello stecchino).
Fate freddare completamente su una gratella, quindi servitela.
Ecco Ecco.. è da quando sono venuta qui ieri (e passato ieri) che punto la luce di queste foto…è meravigliosa… sembra l’alba o il sole del tramonto..da me filtra in questo modo la mattina presto e viene a svegliarmi dai buchetti della serranda oppure attorno alle 18 in cucina perchè il sole inizia a scendere dietro la collina e i buchetti della serranda vengono attraversati dalla luce dolce che ormai ha perso il suo enorme calore, ma non il suo fantastico colore…
Oltre alla luce ho puntato anche il dolce…rotondo, paglierino e casalingo come i dolci che amo io….
Questa la farò sicuro,per me e per mia mamma…
sono nuova qui ma già ho sfogliato tante pagine e mi sento a casa….
meravigliosamente a casa—
Manu